Nitrurazione empirica

Oggi noto e scientificamente chiaro il suo meccanismo di funzionamento, si usa comunemente la nitrurazione degli acciai per ottenere un loro indurimento superficiale.
Il procedimento consiste nel portare l’acciaio a 520 – 540 °C circa (il tempo di trattamento è quindi lungo) per introdurvi azoto atomico, ricavato dalla dissociazione termica dell’ammoniaca (o dalla diffusione in bagni di sali), il quale viene assorbito dalla ferrite superficiale del metallo e forma nitruri, molto duri. Lo spessore dello strato indurito è nell’ordine di uno/due decimi di millimetro.

I vantaggi maggiori che se ne ricavano sono:

  • durezza superficiale e resistenza all’usura;
  • stabilità al rinvenimento e quindi durezza a caldo;
  • resistenza alla fatica e agli intagli;
  • resistenza alla corrosione;
  • stabilità dimensionale.

La nitrurazione non è utilizzata per la produzione delle lame di coltelli da tavola, da cucina e da tasca, sia per l’elevato costo del processo che, soprattutto, per l’inevitabile perdita dell’effetto di indurimento superficiale in occasione della prima affilatura, che asporterà ben più dei due decimi di spessore indurito con la nitrurazione.

Detto ciò vale la pena ricordare che in epoche lontane almeno di 100 anni si diceva che per avere una buona lama era necessario effettuare la tempra “raffreddandola in urina di Vescovo”.

Che sia leggenda o realtà non si può non osservare che l’urina è ricca di ammoniaca e che quindi scaldandola con un ferro rovente (durante il raffreddamento della lama) avrebbe ceduto azoto atomico che si sarebbe potuto legare con la ferrite del metallo con cui era fatta la lama, purché il pezzo rimanesse immerso un tempo sufficientemente lungo per consentire al processo di avvenire.

Ma perché del Vescovo? Non era certo l’importante carica ecclesiastica a conferire miglior qualità all’urina del Vescovo ma, sicuramente, la sua più ricca alimentazione rispetto a quella della gente comune conferiva al risultato della sua minzione un alto contenuto di ammoniaca e sali.

Le lame così ottenute avrebbero davvero potuto apparire, almeno fino alla prima affilatura, di maggior qualità e durata del taglio.

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